Come nasce ARTIBUS e perché.
Come detto sono molto meticoloso e pignolo, ma anche caparbio. Mi piace non fermarmi alla sufficienza, e, pur senza arrivare all’eccesso opposto, trovare una “dimensione” che mi “soddisfi”. La prima cosa che ho pensato è: faccio BIRRA!! … come si distinguerà la mia birra dalle altre (non che debba essere per forza la migliore); certamente la HELLES BOCK che faccio io è la mia HELLES BOCK non è una HELLES BOCK. Da qui è nata la volontà di trovare un nome da adottare per la BIRRA. Ho certamente un background umanistico, pur (strano) avendo fatto Ragioneria e pur (ancora più strano) avendo fatto l’informatico per tutta la mia vita lavorativa. Basti pensare che alle superiori mi sono studiato e approfondito filosofia, psicologia, i grandi letterati e la letteratura classica tutta, da Dante ai giorni nostri, quando a Ragioneria sarebbe certamente trascurabile. Da qui l’idea di farmi aiutare dal Latino, per me sempre affascinante: ARTIBUS, semplicemente ARTI, ma come sappiamo il Latino lascia molto all’interpretazione nel/del contesto, quindi comunque un “fatto in casa a mano”, “fatto bene con arte manuale”, insomma qualcosa che si può attribuire all’HOMEBREWED, ma che lascia intravedere la lontana e antica provenienza che ha questa arte. Mi è piaciuto e l’ho adottato.
Secondo step: la grafica. Già sempre della serie: a cosa serve dare un nome se non lo usi appropriatamente ? ovvero facciamo l’etichetta. Qui mi sono fatto aiutare da uno dei miei generi che è particolarmente bravo nell’inventare grafica/immagine da applicare ad una idea. MI ha fatto un pò di proposte, gli ho rotto un pò le scatole (come detto sono pure pignolo) con un pò di prove, ed è uscita l’etichetta nella quale ha trovato posto ARTIBUS; poi ho completato il nome con l’adozione di uno stemma ARALDICO che un mio parente ha rintracciato perché legato alla nostra discendenza – quindi utilizzo assolutamente appropriato e legale. Nell’etichetta andava stilizzato (troppo complicato graficamente), ma qui nel sito sto iniziando ad utilizzarlo nella sua veste originale.
Ho impiegato un pò di tempo a perfezionare la grafica che oggi è in ogni mia bottiglia, a trovare le etichette giuste per una stampante a getto di inchiostro, e che non fossero troppo impegnative (le mie, a birra bevuta, si staccano alla velocità della luce e non fanno perdere un sacco di tempo a toglierle – il tempo è prezioso).
L’etichetta – come si compone
Certamente ogni birra deve avere la propria etichetta – deve caratterizzare la birra. Quindi ci sono parti fisse che sono il nome ARTIBUS , lo stemma Araldico, il logo che identifica il fatto che trattasi di birra fatta in casa (hombrewed), il marchio che identifica me (Vanni Vincenzi) in un angolino senza troppa evidenza. Ma ogni birra avrà il SUO NOME. E qui non mi sono accontentato della identificazione di STILE BJCP, ma ho voluto trovare un metodo per dare un “nome proprio” alle mie birre. Ad esempio la mia CZECH AMBER LAGER l’ho identificata con un numero (Brew nr 026) che rappresenta il numero di cotta e che nel tempo non cambierà mai, viene assegnato la prima volta che viene prodotta e rappresenta (più o meno) la sequenzialità nel tempo di quando nasce quella birra, escludendo le primissime produzione che certamente erano più un “esperimento” che una produzione; poi viene anche identificata da un nome come nell’esempio LUCAMB, che “conia” in se un riferimento allo stile BJCP a cui si rifà, ma anche viene dedicata con il prefisso ad uno dei miei famigliari più stretti, in questo caso a Luca che è uno dei mie generi. Un altro esempio è la BREW nr 018 CRIREDALE, che è un IRISH RED ALE dedicata a Cristina, la mia figlia più giovane. Infine tutti i dati tecnici in sintesi che descrivono la birra e che ogni hombrewer ha in mente o vorrebbe sapere per classificarla/descriverla, sapere di “cosa stiamo parlando”, sempre in un’ottica di riferimento al BJCP. Tra questi sicuramente la data di produzione e la data di imbottigliamento, ovvero nel tempo di CRIREDALE (brew nr 018) ne avremo diverse versioni, diverse produzioni, fino a quando non otterrò quella che più mi soddisfa, ma anche che sarà più aderente allo stile BJCP di riferimento, e possibilmente giudicata positivamente nei concorsi ufficiali – mi sa che ne passerà di “acqua sotto i ponti” o se preferita “di birra nelle bottiglie”.
L’etichetta – completamento e stampa
Infine l’etichetta va personalizzata nel colore, richiamando il più possibile il colore della birra che contiene. Devo dire che anche qui mi sono un pò attrezzato; ho un abbonamento ad Adobe (Photoshop e altri strumenti di base) e la creazione/modifica di una etichetta per la stampa ho cercato di renderla il più veloce possibile, a parte scegliere il colore di una nuova birra. Faccio tutto in Photoshop poi esporto il JPG finale che importo all’interno di un programma online di composizione delle etichette. Utilizzo fogli A4 con 8 etichette a sfondo bianco per ciascun foglio, mando in stampa e in poche decine di minuti ho le etichette stampate da attaccare alle bottiglie. Normalmente vado in stampa dopo qualche giorno che ho imbottigliato, (confesso) attendo i canonici 5-6gg della rifermentazione in bottiglia, facico il primo assaggio per decidere se “vale la pena” etichettare; un pò per scaramanzia ? non è vero non sono affatto scaramantico, semplicemente cerco di evitare di etichettare birra nella malaugurata ipotesi di doverla “lavandinare” – ma vi confesso non ho mai “lavandinato” birra !! – magari non è da concorso, non è perfetta, ma è buona – per me si “lavandina” solo ciò che non è proprio bevibile.
vedi PROFILO
ARTICLE ©
#BEER, #BIER, #BIRRA, #BREW, #BREWED, #FERMENTATION, #FERMENTAZIONE, #HOMEBREWED, #HOMEBREWER, #MASH, #BEER STYLE, #STILE BIRRA, #BIERSTIL